31 gennaio 2010

Almodovar, dalla provocazione alla catechesi

Tenere un corso monografico su un regista, implica attribuire massima importanza a una singola figura per stabilire il senso dei film.

Ma un film è un lavoro di
ensemble. E' vero, spesso il regista è colui che prende la decisione finale su alcune scelte, ma non sempre lo fa con convinzione. Prendete Truffaut in Effetto notte o David Lynch che dice di non sapere esattamente cosa stia facendo sul set, o lo stesso ultimo lavoro di Almodovar Gli abbracci spezzati che suggerisce che i film si fanno alla cieca.

Il regista è un'
etichetta. Il senso del film - chi segue questo blog avrà già intuito cosa sta per leggere - è attribuito dallo spettatore. Usare l'etichetta "regista" è solo uno dei tanti modi per creare il senso dei film.

Se si sceglie di usare questa etichetta è scontato che si debba leggere la successione dei suoi lavori come una qualche parabola, cioè che serva trovare un
filo conduttore che leghi i differenti lavori dello stesso regista e, come corollario, si appoggi l'idea che i film vadano letti secondo il contesto storico in cui sono stati realizzati.

Quindi si dovrebbe essere degli storici prima di essere spettatori. E se gli spettatori non dovessero avere interessi storici, non dovrebbero nemmeno interessarsi ai film?

Non è questo però quello che avviene nella realtà. Per fortuna gli spettatori guardano film pur non curandosi degli aspetti storici, e
nell'atto stesso di guardare un film ne attribuiscono un senso, senza che nessuno possa stabilire che il senso così stabilito sia errato, proprio perché questa è la definizione di senso del film.

Nel leggere i film di
Pedro Almodovar come una parabola è allora possibile individuare i primi film come irriverenti, sovversivi del costume e della morale. Pensate soprattutto al primo Pepi, Lucy, Bom e le altre ragazze del mucchio.



Nei film successivi mano a mano la forza dirompente dei suoi personaggi e delle situazioni si affievolisce, fino a trattare i temi cari, sesso e
omosessualità in modo toccante e dialogante. "Gli omosessuali non sono più soggetti colorati da gay parade, ma persone con le quali si può parlare e che si possono conoscere e capire."

I film che dovevano scandalizzare si sarebbero fatti dialoganti, i film che scioccavano e sollevavano un problema ora insegnerebbero come risolverlo. Questo è stato definito uno "sviluppo naturale per un autore". Cioè, nei geni di un regista che faccia arte con i propri film è scritto che la sua carriera inizi come
provocatore e finisca come catechista.

Lunga pausa di silenzio.

Se sapessero in anticipo di diventare degli "
autori" in questi termini, probabilmente i registi cambierebbero mestiere.

Coma si fa poi a stabilire cosa sia naturale? Non esiste qualcosa nella vita artistica o intellettuale di una persona che sia "naturale".

E questa parabola che conduce al dialogo, questa conciliazione è può essere invece interpretabile come un "
ammosciamento".

Pedro Almodovar non rompe più schemi mentali, forse solo perché non ha trovato altro da rompere, i suoi film non sono più irriverenti forse semplicemente perché non ne ha più la forza. E le
autocitazioni dell'ultimo suo film non fanno pensare al dialogo, ma alla nostalgia di se stesso, alla nostalgia di un tempo in cui sapeva con cosa e con chi prendersela, mentre ora non avverte più nessuna urgenza sovversiva.

29 gennaio 2010

Tra le nuvole

Ospito una piccola recensione di Tra le nuvole (Up in the Air) con George Clooney scritta dalla Ragazza con il cappello francese.




Tra le nuvole è la storia di un uomo che viaggia e fa del viaggio la sua casa. Il protagonista è Ryan Bingham, un tagliatore di teste professionista che nel tempo libero tiene seminari motivazionali sul “vantaggio” di non avere legami affettivi. Una persona che allo stesso tempo si trova a che fare con l’umanità più fragile durante le sue “spedizioni punitive” e che ha il compito di traghettare i congedati verso un futuro migliore.

Trovandosi di fronte alla nuova frontiera del licenziamento, “il telelicenziamento” in videoconferenza (cosa purtroppo non molto lontana dalla realtà) si trova di fronte paradossalmente anche alla possibilità di perdere la solitudine a cui è ancorato.

Nel tentativo di convincere la “risorsa” promotrice di questa nuova modalità di licenziamento (Nathalie, giovane rampante e carrierista che in fondo ha però trovato quel lavoro per seguire il suo amore) dell’imprevedibilità della natura umana di fronte a certe situazioni, cerca allo stesso tempo di tutelare se stesso.

In tutto ciò è inserito l’incontro con una donna (Alex) che sembra essere il suo alterego al femminile e che gli fa venire voglia di non essere più solo perché, come dice il protagonista in una scena del film “se pensi ad un ricordo bello della tua vita non sei mai solo”. L’incontro rivelerà però un’amara sorpresa. Qui si scorge una punta di cinismo del regista.

Insomma un film sull'importanza di creare e vivere fino in fondo le relazioni umane. Pur essendo un film dalla trama non scontata e banale che affronta tematiche sociali più che mai attuali (disoccupazione e solitudine) perde però un po’ della freschezza che si ritrova in Juno, precendente lavoro del regista Jason Reitman.

Tra le nuvole rimane un film da vedere se non altro per il ritmo e per il sorriso ammiccante di George Clooney!


La ragazza col cappello francese

28 gennaio 2010

Pubblicità... sorpredente

Guardate questa sensazionale pubblicità segnalata a un seminario per creativi che ho seguito.





Questa non è la versione originale della pubblicità. Il finale è stato cambiato e al posto del logo della bevenda che serviva a reclamizzare c'è un inutile cartello.

Il video sembra dapprima la solita, trita pubblicità di un'auto con un paesaggio incantevole, strada sinuosa e deserta (quanto sono ingannevoli le pubblicità di auto, come se guidare fosse quell'esperienza sognante, come se la strade fossero davvero tutte per noi e invece l'auto non fosse la nostra cella nel traffico quotidiano!).

L'incanto è interrotto misteriosamente attraverso la scomparsa dell'auto, che non riappare più da dietro gli alberi, mentre il movimento della cinepresa rimanga costante. L'attesa è un'abituale tecnica del thriller o dell'horror movie.
La suspense è stata introdotta. Poi arriva lo shock, il colpo di scena. Appare all'improvviso uno spaventoso zombie.

La pubblicità vi ha così reso partecipi di cosa si provi quando si consuma la bevanda: un'emozione improvvisa e scioccante.

27 gennaio 2010

L'arte nei film

Domani, quando avrai ancora bisogno di stancarti, scriverai tutto da capo. Non proverai le stesse sensazioni, ma aggiungerai dettagli, avrai un'angolatura diversa.

L'arte non è più eterna. L'arte è effimera. L'arte è casualità. L'arte non è più forma. L'arte è caos. L'arte è il cancellato. L'arte è il non detto.

L'arte è quello che rimane nella testa dello spettatore. Ma non proviene dal film: è quello che nel film ha sentito ma non è riuscito a esprimere.

25 gennaio 2010

I film che cambiano la vita

Ci sono molti modi per valutare un film. Uno è descriverne lo stile e apprezzarne l’originalità, gli elementi di novità, la coerenza, scelte di inquadrature e movimenti di macchina arditi e funzionali allo stesso tempo.

Un altro modo per valutare un film è morale: il film sembra farsi promotore di principi etici che noi condividiamo, oppure offende la vostra sensibilità. A volte, ogni altro aspetto del film può passare in secondo piano. Ricordo che il quotidiano cattolico L’eco di Bergamo giudicò inaccettabile il film di Bellocchio L’ora di religione, essenzialmente perché uno dei personaggi urla una bestemmia.

Si può valutare un film a seconda del grado di intrattenimento che offre. Se è brillante, se è spiritoso, se è pieno di effetti, se fa salire l’adrenalina è un buon film. Se deprime, se è lento o lungo, un brutto film. Altri ritengono un film di valore quello che risponda alle domande che lo spettatore pone.

Si può apprezzare un film perché tocca una tematica cara o perché un attore che stimiamo rende egregiamente in un ruolo.

Sono molti i criteri, a volte esclusivi, per giudicare un film. I critici votano in stellette o pallini, alcuni valutano le pellicole in distanze.

In un forum online di cinema, qualcuno aveva proposto di misurare la bontà di una pellicola in kilometri che si sarebbe stati disposti a percorrere per poterlo vedere. L’escamotage teneva conto delle difficoltà che per riuscire a vedere un film interessante, non inserito nei circuiti mainstream. Specie se non si abita in una grande città e viste le chiusure a ripetizione di sale cinematografiche, si è costretti a spostarsi molto dal proprio domicilio, anche diverse decine di kilometri, per raggiungere un cinema che programmi lavori particolari.

Maggiore la distanza che valga la pena coprire per riuscire a vedere il film, maggiore il pregio del film. E’ un criterio soggettivo, benché numerico, ma non meno soggettivo di qualsiasi altro.

Personalmente, quando giudico un film, lo ascrivo alla categoria del capolavoro quando mi cambia la vita.

Nessun film, ho sentito dire, cambia la vita. Anche questo è un criterio soggettivo: a me alcuni film la vita l’hanno cambiata. Sarà che mi occupo di cinema ed è quindi più facile, ma in qualche modo molti film possono avere un certo impatto sui nostri gusti, sui nostri pensieri e addirittura sulle nostre azioni, per sempre.

Farò un solo esempio. Ho iniziato a vedere la prima volta Memento che ero già sotto le coperte e abbastanza sonnolento. Temevo che mi sarei addormentato con le schermo che ancora mandava immagini del film e che l’avrei dovuto rivedere per sapere come sarebbe finita la storia. E invece…

Dopo le prime sequenze il sonno era sparito completamente. Seguivo la vicenda avido di sapere. Confuso e rabbioso come il protagonista, volevo capire cosa stesse succedendo. Come lui vedevo accader(mi) delle cose che non riuscivo a controllare.

Alla fine del film, non solo ero più sveglio che mai, ma ero anche eccitato, esaltato probabilmente. E ottimista: se un film così può essere concepito e realizzato, allora c’è speranza per l’essere umano!

Memento è stato oggetto di molte altre visioni, di letture, di analisi, di ricerche. E’ finito anche nella mia tesi di dottorato in un intero capito dedicato al lavoro di Christopher Nolan.

Memento è solo un film. Ma un film che ha cambiato di sicuro la vita del suo autore, ora quotato regista a Hollywood. In piccolo, ha però decisamente cambiato anche la mia esistenza. Anche se non fosse stato oggetto di studio da parte mia, l’esperienza cognitiva di quel film avrebbe comunque condizionato, seppure magari in forma microscopica, molti ambiti della mia vita, così come fa ogni esperienza vissuta.

22 gennaio 2010

21 gennaio 2010

Ballare per un sogno in 5"

Ne abbiamo parlato qualche giorno fa. In rete, specialmente su YouTube, esistono centinaia di video che riassumono film famosi in una manciata di secondi.

La tecnica è quella di creare un effetto comico giustapponendo pochissime essenziali battute che contengano il succo del film e chiuderle, come fosse un film vero, tra titoli di testa e di coda. Il risultato è spesso surreale.

Ci ho provato anch'io. E ho scelto il film del 2008
Ballare per un sogno che racconta di un'aspirante ballerina che lascia l'attività di famiglia nell'Indiana per andare a studiare danza in un'esclusiva scuola di Chicago.

20 gennaio 2010

Il film del decennio.

Per festeggiare la puntata numero 100, Skycinenews, il magazine di informazione cinematografica di Sky Cinema, lancia un sondaggio per stabilire quali siano i film e gli attori migliori del decennio passato: gli anni '00.

E' solo un gioco, ma proviamoci anche noi.

Le loro nomination sono:

FILM STRANIERI
Mystic River
Mulholland Drive
Kill Bill
Fahrenehiet 9.11
Il signore degli anelli il ritorno del re
Il diavolo veste prada
Magnolia
Wall-e
Non è un paese per vecchi
I segreti di brokeback mountain

FILM ITALIANI
Tutta la vita davanti
Gomorra
Buongiorno notte
Il divo
Le fate ignoranti
La stanza del figlio
I cento passi
L'ultimo bacio
Il mestiere delle armi
Mio fratello è figlio unico

ATTRICI
Julianne Moore
Naomi Watts
Keira Knightley
Uma Thurman
Kate Winslet
Meryl Streep
Scarlett Johansonn
Susan Sarandon
Giovanna Mezzogiorno
Cate Blanchett

ATTORI
Heath Ledger
Philip Seymour Hoffman
Christian Bale
George Clooney
Daniel Day Lewis
Robert Downey jr
Viggo Mortensen
Ben Stiller
Riccardo Scamarcio
Jake Gyllenhall

Io voto per Mulholland Drive, Buongiorno notte, Kate Winslet e Christian Bale. E voi?

19 gennaio 2010

Rollerball

Vi presento l'Extra che ho realizzato per la serata a doppio spettacolo dedicata da Sky Cinema ai due film Rollerball (il cult di Jewison del 1975 e il remake del 2002 di McTiernan).



Una pista, due squadre di pattinatori e una pesante palla di metallo.
Violenza e gioco, due strumenti per controllare le masse, sono riuniti nel rollerball.


Lo sport più seguito al mondo, che fa girare un mucchio di soldi e rende giocatori e dirigenti sempre più avidi.

Tanto da spingerli a esasperare le regole e trasformare un gioco duro in un vero combattimento, dove a vincere non è chi segna più punti ma chi ne esce vivo.

Jonathan, il miglior giocatore di rollerball della storia, non ci sta e si mette di traverso ai piani dei potenti.


Rollerball è il remake di un film del 1975. Gli elementi di base sono gli stessi, ma piccoli e grandi dettagli distinguono e rendono unici i due film.

Uno dei pregi maggiori del primo è lo sfoggio di moderne architetture di acciaio e di vetro e di apparecchiature dal ricercato e inconfondibile design anni '70. Lo stile del film sembra ispirarsi a quello di Kubrick.

Nel film successivo, particolare risalto è dato ai costumi dei giocatori e le promesse di scene d'azione ancora più adrenaliniche e spettacolari sono mantenuta.

Si tratta di film così duri che quello del '75 è stato il primo della storia a rendere omaggio agli stuntmen pubblicando i loro nomi nei titoli di coda.


Dietro la macchina da presa c'era allora Norman Jewison, reduce dal successo di Jesus Christ Superstar. Ora il regista è John McTiernan, specializzato in film d'azione come Die Hard e Predator.

Era già successo che McTiernan rifacesse un film di Jewison: Il caso Thomas Crowne del 1968 è diventato Gioco a due nel 1999.


Eredita il ruolo di protagonista che fu di James Caan Chris Klein, ex ragazzotto di American Pie. Per la parte del cattivo è stato scelto Jean Reno. A completare il quadro le forme sensuali e lo sguardo glaciale di Rebecca Romijn-Stamos.

18 gennaio 2010

Il problema degli adolescenti

Ho un problema. Forse non è un problema, ma certo una persona che ama il cinema e cerchi di sostenere che Questo piccolo grande amore non sia un brutto film sente di doversi in qualche modo giustificare.

Ebbene, la questione è che mi piacciono i film sugli adolescenti.

Altre prove a carico: Donnie Darko è uno dei miei film preferiti in assoluto, il miglior film di Gabriele Muccino è per me Come te nessuno mai e quello di Paolo Virzì rimane Ovosodo, con buona pace dei molti sostenitori della sua ultima opera La prima cosa bella.

Sono affascinato dalle storie ben raccontate che hanno per protagonisti degli adolescenti. Forse è perché sono stato un adolescente complicato, come molti, direi come la maggior parte delle persone lo sono. E forse perché l'adolescenza è un'età speciale, nella quale tutto è assoluto, estremo, destinato a essere eterno.

Il primo amore, che sembra più forte di tutte le forze dell'universo, o il primo tradimento o tutte quelle sensazioni, emozioni e sentimenti che sono così amplificati e così totali. L'adoloescenza è un'età in cui ogni minimo dettaglio diventa questione di vita o di morte.

E in fondo Questo piccolo grande amore, pur non essendo un capolavoro e nemmeno un film memorabile, pur con mille ed evidenti limiti, racconta una storia così, vera, forse banalmente vera, ma non stupidamente a lieto fine, e contiene qualche immagine di delicata poesia.

Ecco, ora che l'ho confessato mi sento già meglio.



17 gennaio 2010

Video virali, Greenpeace e l'ultima arte rimasta

Una delle poche forme d'arte che abbiano un senso oggi sono i video di comunicazione virale.

Inizio a capire cosa volesse dire il fotografo Oliviero Toscani quando in un'intervista disse che l'unica forma d'arte rimasta fosse la pubblicità. Il suo intento era provocatorio, e portava acqua al suo mulino, ma nascondeva della verità.

I video, quando sono veramente virali (quando cioè ottengono l'obbiettivo per cui sono stai concepiti, la massima diffusione), sono ancora in grado di colpire o addirittura
scioccare, sono brillantemente concepiti e realizzati. Meglio ancora quando sono impegnati.

Alcuni sono bellissimi. Potenti. Descrivono atti di protesta e sono atti di protesta loro stessi. Sono vere e proprie installazioni. Alcune di queste proteste mi hanno riportato alla mente i mobiles di Alexander Calder, altre sembrano imparentate con la Land Art di Walter DeMaria. Come per la Land Art, anche nel caso di Greenpeace gli "interventi" hanno dimensioni enormi e si fruiscono "a distanza" attraverso un racconto per immagini.

Le azioni di Greenpeace hanno però qualcosa in più: a volte un impatto immediato che scavi in zone desertiche non possono avere e soprattutto trasmettono la loro
urgenza viscerale di sopravvivenza.


16 gennaio 2010

Avatar 3 di 3, postilla

E' difficile dire ora cosa resterà di Avatar. Probabilmente non sarà studiato inquadratura per inquadratura nei corsi di Storia del cinema o di Filmologia, ma credo che lascerà il segno come caso industriale.

In varie epoche della pur breve storia del cinema, per affrontare crisi economiche e di spettatori, l'industria cinematografica ha puntato sulla sperimentazione o sull'innovazione tecnologica.

E' questo uno dei motivi per cui sono stati introdotti per esempio il colore e gli schermi panoramici.

L'innovazione introdotta da Avatar, un 3D finalmente integrato, benché non totalmente in simbiosi, al racconto cinematografico tradizionale, ha sicuramente funzionato dal punto di vista economico. Il film, costato una follia tra i 300 e i 500 milioni di dollari a seconda delle fonti, ne ha però già incassati oltre 1,3 miliardi. E questi numeri sono destinati a crescere.

Il film ha esercitato un potere di
attrazione nei confronti degli spettatori, che nella maggior parte dei casi sono rimasti soddisfatti dell'esperienza e cercheranno di ripeterla con altri film.

Non solo, grazie al suo successo, il film potrebbe avere aperto la strada a una tecnica cinematografica destinata a durare.

15 gennaio 2010

Avatar, un altro mondo

Avatar può essere, tra le altre cose, una metafora del cinema.
Circolano notizie di come gli spettatori accusino forme di depressione dopo la visione di Avatar. Sembra che il forum sul sito del film sia stato chiuso per i continui commenti che denunciavano il fatto

L'utopia del pianeta Pandora è così diversa dal mondo in cui viviamo da indurre sconforto.

Ma è questo che fa il cinema. A volte ci si butta in un cinema con un pietra al collo per evadere. E' il titolo del nostro blog. Sembra un luogo comune, ma c'è un altro modo di intendere la frase.

Il film è un altro mondo nel quale ci si tuffa quasi come il marine protagonista di Avatar si immerge nel mondo dei Na'vi.

Se l'immersione è totale - a volte capita - si perde quasi totalmente il senso della realtà. Durante la visione ci sono però spesso distrazioni (qualcuno che parla, che si muove, il bisogno di cambiare posizione) e la sospensione è per un momento interrotta, come quando addormentandosi o quando c'è un problema o un disturbo il caporale Jake Sully torna in sé e lascia inerme il corpo del sua avatar.

Spesso è così. La fine del film è un risveglio alla realtà. E possiamo dire che il film fosse una realtà nuova, sebbene effimera, proprio perché abbiamo sospeso la nostra incredulità, ci siamo lasciati avvincere e soprattutto abbiamo eseguito le stesse attività mentali che eseguiamo nella vita di tutti i giorni.

Mi è capitato in un'occasione che mi chiedessero se "guardare tutti quei film non mi facesse perdere il senso della realtà". Non sapevo se ridere o scandalizzarmi, per fortuna c'è stato chi ha risposto per me. In ogni caso, ora capisco meglio il senso di quella domanda. Il film è un altro mondo, di cui si fa esperienza per un paio d'ore e nel quale rafforziamo o mettiamo alla prova il nostro giudizio riguardo alla realtà vera.

Pensare a un mondo come Pandora, anche se sappiamo (e continuiamo a sapere durante il film!) che si tratti di un'invezione di fantasia ci permette di fare
considerazioni "come se". Grazie alla finzione siamo anche in grado di produrre inferenze o deduzioni che utilizziamo nella vita di tutti i giorni.

Se Pandora ci piace più del nostro mondo reale, uscendo dal cinema ci sentiamo rattristati perché abbiamo maggiore coscienza di quello che non ci piace là fuori. Può succedere. Peccato solo che invece di pensare di voler cambiare il mondo (reale) perché pensano che faccia schifo, quegli spettatori di
Avatar si siano fermati solo al primo passo.

Diceva
Buñuel: "Credo che il cinema eserciti sugli spettatori un certo potere ipnotico. Basta guardare la gente che esce da una sala cinematografica, sempre in silenzio, a testa bassa e l’aria assente. Il pubblico teatrale, quello della corrida e quello sportivo sono molto più vivi, più energici. L’ipnosi cinematografica, leggera e inconscia, è dovuta probabilmente al buio in sala, ma anche ai mutamenti di piani, di luci e ai movimenti della macchina da presa, che indeboliscono l’intelligenza critica dello spettatore, esercitando su di lui una specie di incantamento, come uno stupro." (Luis Buñuel citato in Lodoli, Marco, Fuori dal cinema. Il “Diario” di cento film, Einaudi, Torino, 1999, p. 101.)

Sono d'accordo sull'incantamento, non lo sono affatto sull'indebolimento dell'intelligenza. Anzi per me è vero il contrario: i film, quali più e quali meno, stimolano l'
attività mentale degli spettatori.

14 gennaio 2010

Avatar e il nuovo 3D

Sono stato all'anteprima di Avatar, il nuovo film di James Cameron, quello di Titanic.

Sono entrato scettico nei confronti di questo tanto decantato 3D. Le mie esperienze passate non sono state un gran che soddisfacenti. Avevo l'impressione che fosse più che altro un trucco da Luna Park.

E invece mi sono dovuto ricredere. James Cameron ha fatto le cose davvero in grande. Certo non si sceglie di andare a vedere Avatar per l'importanza della storia, ma l'esperienza sensoriale è decisamente appagante. Il film, nel suo complesso, passa in secondo piano.

All'inizio è strano essere immersi nella scena ma cambiare prospettiva a seconda degli stacchi di montaggio o dei movimenti della macchina da presa, che nel film sono spesso diversi da quelli di un essere umano e innaturali. Ma ci si abitua: la cinepresa è il nostro avatar.

Per il resto, mettete insieme Predator (le fauci degli animali e la foresta lo riportano alla mente) e Pocahontas e il gioco è fatto. Avatar è una moderna fiaba ecologista, dove però, alla fine, vince la guerra.

La storia in una frase racconta la redenzione di un marine che diventa ecologista e capisce l'importanza di salvaguardare madre terra, per poi risolvere i suoi problemi con la forza e la distruzione.

Strano però che in questa modernissima fiaba il futuro, proprio come nei film di David Cronenberg, la tecnologia sia di nuovo sotituita da elementi organici. Le lunghe trecce degli si intrecciano con quelle dei favolosi animali di Pandora e li fanno entrare in simbiosi. La "connessione", che avviene anche con le piante, ricorda gli umbrycords di eXistenZ.

Una cosa non mi convince. Alla fine per interpretare gli abitanti di Pandora sono stati usati attori di colore. Caucasici, tranne la sola eccezione di un asiatico, gli attori "umani". Mi sembra quanto meno una mancanza di tatto.

Tornerò su Avatar domani, spiegando come il film possa essere considerato come metafora cinemtografica. Per ora gustatevi lo speciale di Sky Cinema o guardate il parallelismo tra il film e Pocahontas in questi due trailer remixati.



13 gennaio 2010

Sei tu a fare il film che vedi

Capita spesso di sentire persone che "rifiutano" un film solo per il fatto che non l'hanno capito. Lo giudicano insensato e di cosneguenza brutto. Per quanto riguarda la comprensione di un fillm, sono davvero convinto che ognuno debba metterci quello che sa. Quello che sa di cinema, ma non solo: quello che sa in generale, della vita.

Sono poi estremamente convinto che l'opinione di tutti abbia la stessa importanza. Il successo di molti critici e di teorie del cinema è dovuto al fatto di saper fornire un'esegesi del testo, come il sacerdote per le Sacre Scritture. Usano belle parole e sono bravi oratori e vi convincono. Ma quello che si deve chiedere a un critico sono semmai gli strumenti di analisi, il resto lo fate da soli. Quello che siete, quello che conoscete, lo portate dentro il film.

Anche per i film che non assomigliano a cose che avete già visto, di cui avete esperienza e che invece trovate ostici, vale comunque la pena provare a "dare un senso". Personalmente, anzi, meno capisco un film e più lo trovo intrigante.

Sta a ogni spettatore, sta a voi che guardate film decidere fino a che punto condurre la sfida. Sempre ricordando che siete comunque voi, voi che fate il film, a vincere.

Ci sarà modo, spero, all'interno di questo blog di portare avanti il discorso, di chiarire meglio quanto questo sia vero, di quanto siate voi, con la vostra esperienza a fare i film.

12 gennaio 2010

Apologia di reato?

Qualche volta le cose vanno fatte anche se non sono legali.

Ci sono video su YouTube che raccontano film famosi in 5". Alcuni sono semplicemente geniali e scatenano una risata inaspettata e improvvisa. Guardate per esempio questa surreale rielaborazione di Il sesto senso.



Altri video sono trailer montati in modo da far raccontare ai film storie completamente diverse. Il genere ne è sovvertito. Evidenziano il potere delle immagini e del montaggio di trasmettere un senso.



Perché dovrebbero essere censurati? Solo perché utilizzano materiale protetto da copyright?

Sergio Leone ha fatto Per un pugno di dollari ispirandosi direttamente al film La sfida del samurai di Akira Kurosawa. Senza pagare i diritti per farlo. Il film, realizzato con un bugdet ridicolo, è stato un successo tale da giustificare definitivamente la scelta.

Quando Kurosawa fece causa contro i produttori di Per un pugno di dollari, ottenne il 15% degli incassi del film e l'esclusiva per la sua distribuzione in Giappone e altri stati asiatici. Grazie a questo accordo, il regista nipponico fece più soldi che con il proprio film La sfida del samurai.

E così, quando dopo un lunghissimo e faticoso lavoro Joe Sabia e Paul Gulyas hanno ridotto l'intera serie de I soprano a una manciata di minuti, i produttori della serie TV ne hanno apprezzato lo sforzo e non hanno mosso un dito contro di loro. Il risultato è una mitragliata di eventi cuciti stretti stretti, in modo ironico e brillante.

11 gennaio 2010

Video di successo per il web

La prima giornata di corso di web video è andata benone. I ragazzi si sono dimostrati inrteressati e anche simpatici.

Oltre che di Internet, del World Wide Web, di come girare grandi video di successo per il web, tra i consigli per come riprendere grandi eventi e interviste e come realizzare video tutorial, videoblog e news, c'è stata la possibilità di elevare il discorso e scambiare brevi battute sul Festival di Venezia e sulla filmografia di David Lynch.

Bene, bene, possibili lettori del volume in vista di pubblicazione che conterrà
anche un saggio su David Lynch!

Ma per darvi un piccolo assaggio del corso, posto uno dei molti video che ho portato per esemplificare quello che oggi raccontavo ai miei studenti.

Si tratta di un video molto celebre su Youtube che ha raggiunto l'esorbitante cifra di circa 50 milioni di visualizzazioni, al momento in cui scrivo. Un video girato fortuitamente, ma che comprende tutti gli ingredienti della grande storia thriller. Hitchcock non avrebbe saputo fare di meglio.



Quando si dice avere culo! E parlo dell'autore del video, che lo aveva proposto al National Geographic Channel che l'ha rifiutato perché non soddisfaceva i propri standard di qualità. Dopo il successo sul web, sono dovuti tornare sui loro passi. Ma è stato troppo tardi.

10 gennaio 2010

38

10.01.10. E' un bel giorno per iniziare qualcosa. Anche se oggi sto poco bene, in questa data che sembra più un codice binario ho deciso di far debuttare questo blog.

Con l'anno nuovo mi aspettano impegni nuovi, la pubblicazione di un libro e nuovi corsi di cinema e di video da tenere oltre alla mia abituale occupazione nella redazione di Sky Cinema.

Giusto domani sarà il primo giorno di lezione del modulo di web video, per un corso di produzione e realizzazione di audiovisivi per la Provincia di Milano. confesso di essere un po' nervoso, ma mi sono anche ben preparato. Otto lunghe ore di insegnamento! Spero di reggere.

E allora perchè non accompagnare tutto questo con il suo racconto e le riflessioni che ne conseguiranno sul mondo del cinema. Prometto brevi recensioni, analisi, teorie, segnalazioni di video interessanti e commenti. Solo per iniziare!
Spero che le cose che scriverò siano di una qualche utilità a qualcuno.

Ah, dimenticavo qui trovate la risposta all'arcano del titolo di questo primo post.