Tenere un corso monografico su un regista, implica attribuire massima importanza a una singola figura per stabilire il senso dei film.
Ma un film è un lavoro di ensemble. E' vero, spesso il regista è colui che prende la decisione finale su alcune scelte, ma non sempre lo fa con convinzione. Prendete Truffaut in Effetto notte o David Lynch che dice di non sapere esattamente cosa stia facendo sul set, o lo stesso ultimo lavoro di Almodovar Gli abbracci spezzati che suggerisce che i film si fanno alla cieca.
Il regista è un'etichetta. Il senso del film - chi segue questo blog avrà già intuito cosa sta per leggere - è attribuito dallo spettatore. Usare l'etichetta "regista" è solo uno dei tanti modi per creare il senso dei film.
Se si sceglie di usare questa etichetta è scontato che si debba leggere la successione dei suoi lavori come una qualche parabola, cioè che serva trovare un filo conduttore che leghi i differenti lavori dello stesso regista e, come corollario, si appoggi l'idea che i film vadano letti secondo il contesto storico in cui sono stati realizzati.
Quindi si dovrebbe essere degli storici prima di essere spettatori. E se gli spettatori non dovessero avere interessi storici, non dovrebbero nemmeno interessarsi ai film?
Non è questo però quello che avviene nella realtà. Per fortuna gli spettatori guardano film pur non curandosi degli aspetti storici, e nell'atto stesso di guardare un film ne attribuiscono un senso, senza che nessuno possa stabilire che il senso così stabilito sia errato, proprio perché questa è la definizione di senso del film.
Nel leggere i film di Pedro Almodovar come una parabola è allora possibile individuare i primi film come irriverenti, sovversivi del costume e della morale. Pensate soprattutto al primo Pepi, Lucy, Bom e le altre ragazze del mucchio.
Nei film successivi mano a mano la forza dirompente dei suoi personaggi e delle situazioni si affievolisce, fino a trattare i temi cari, sesso e omosessualità in modo toccante e dialogante. "Gli omosessuali non sono più soggetti colorati da gay parade, ma persone con le quali si può parlare e che si possono conoscere e capire."
I film che dovevano scandalizzare si sarebbero fatti dialoganti, i film che scioccavano e sollevavano un problema ora insegnerebbero come risolverlo. Questo è stato definito uno "sviluppo naturale per un autore". Cioè, nei geni di un regista che faccia arte con i propri film è scritto che la sua carriera inizi come provocatore e finisca come catechista.
Lunga pausa di silenzio.
Se sapessero in anticipo di diventare degli "autori" in questi termini, probabilmente i registi cambierebbero mestiere.
Coma si fa poi a stabilire cosa sia naturale? Non esiste qualcosa nella vita artistica o intellettuale di una persona che sia "naturale".
E questa parabola che conduce al dialogo, questa conciliazione è può essere invece interpretabile come un "ammosciamento".
Pedro Almodovar non rompe più schemi mentali, forse solo perché non ha trovato altro da rompere, i suoi film non sono più irriverenti forse semplicemente perché non ne ha più la forza. E le autocitazioni dell'ultimo suo film non fanno pensare al dialogo, ma alla nostalgia di se stesso, alla nostalgia di un tempo in cui sapeva con cosa e con chi prendersela, mentre ora non avverte più nessuna urgenza sovversiva.
Nessun commento:
Posta un commento