21 marzo 2010

I "matusa" parlano di web

Riprendo una notizia dal sito Toshare.

Nella legislatura che ha dato vita al disegno di legge Carlucci e al “decreto ammazza blog” (e relative proteste che hanno portato buona parte della blogosfera italiana a scendere in piazza), nel paese che mantiene la legge Pisanu portandosi dietro un’impianto normativo sul diritto d’autore risalente agli anni del fascismo, nello stesso paese che circa un anno fa oscurava The Pirate Bay, l’11 marzo accade un fatto singolare:
Lawrence Lessig, il giurista noto al secolo come l’”inventore” delle licenze Creative Commons, tiene una lectio magistralis ospitata dalla Presidenza della Camera.

I relatori erano tutti maschi, bianchi e sopra i quarant’anni, ovvero la descrizzione perfetta della classe dominante occidentale.

Nel suo discorso introduttivo,
Fini fa due affermazioni interessanti: il web non è semplicemente un nuovo media di convergenza e concepirlo come una tv (sue testuali parle) sarebbe una posizione di retroguardia, internet possiede meccanismi di autoregolementazione da prendere in considerazione anche se rapportati alla criminalità, mentre l’unico modo di affrontare la lotta al crimine in ambito digitale è la cooperazione transnazionale; l’accesso a internet è un diritto fondamentale.

Ma il Presidente della Camera politicamente
non si sbilancia: nessun accenno alla riforma sul diritto d’autore, né alla legge Pisanu (solo per citare due aspetti della politica italiana irrisolti da anni), nè alla brevettabilità del software, solo un generico ma formalmente convinto auspicio affinchè le istituzioni partecipino al dibattito sull’innovazione in modo “attivo” e “consapevole”.

L’ultimo intervento è quello di
Paolo Romani. Romani è al centro di due polemiche: la prima sulla scomparsa di un fondo infrastrutturale di 800 mln di euro da investire per la connettività (che poi si scopre essere “congelato” da Tremonti fino a crisi superata: staremo a vedere) e la seconda sul “decreto Romani” (in sintesi: disegno di legge in recepimento alla direttiva europea in materia di trasmissione audiovisiva, che equiparava i siti eroganti servizi di streaming a vere e proprie emittenti, anche se non professionali). Se il decreto è stato parzialmente rivisto, alla domanda di Luna “scegliere fra il Ponte di Messina e l’ivestimento in connettività”, Romani sostiene: “non dobbiamo scegliere, abbiamo i fondi per i due investimenti” difendendo, di fronte a un pubblico che in sala sussulta, l’impatto positivo che un’intervento come il Ponte avrebbe. Sulla Pisanu la risposta è dello stesso livello: non c’è problema, tutti possiamo avere un hotspot pubblico, basta dare la carta d’identità.

Nonostante l’attitudine e i molti elementi positivi, lascia un retrogusto amaro lo stesso discorso di
Lessig: da un lato il prendere le distanze dai fenomeni come la pirateria (che sono il contesto sociale, la precondizione e il motivo per l’esistenza di un’organizzazione come Creative Commons), dall’altro il ridurre al problema del compenso (come retrubuire gli autori/artisti/prosumer) un ben più vasto problema che significa rimettere in discussione e reinventare il patto sociale, i modelli e la definzione del valore nella società contemporanea (informazionale, postpolitica, etc…). Con un inciso: posto che la possibilità dell’espressione e della creatività sono sempre condizionate dal contesto e dalle condizioni materiali, l’origine del processo creativo non è la retribuzione, ma l’urgenza stessa dell’espressione in tutte le sue forme.

Il video dell'inervista rilasciata a margine del convegno da Lawrence Lessig:

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