30 marzo 2010

Che

Il video per Sky Cinema sul doppio film di Steven Soderbergh sulla mitica figura del Che Guevara



L’incarnazione più alta degli ideali di integrità e coraggio, il punto di riferimento di quanti nel mondo sognano un cambiamento politico e sociale. Questo è il Che. Un’immagine assoluta che sembra destinata a rimanere scolpita in eterno.

Non era facile sfidare il mito e trasformarlo in un film onesto. Il regista Steven Soderbergh si è rifatto ancora una volta al cinema a lui caro degli anni ’70, sia per lo stile delle immagini sia per la tematica politica, e ha mantenuto un punto di vista equilibrato.
La fotografia è molto curata. Sfiora il glamour nelle sequenze in bianco e nero, ma predilige la luce naturale.

Il racconto delle gesta militari e del pensiero del Che è basato in parte sui testi lasciati dallo stesso Guevara e ha prodotto una tale mole di materiale che il progetto ha dato origine a due film distinti.

Il primo, Che – L’argentino, parla della conquista di Cuba da parte dell’esercito ribelle con particolare riguardo al ruolo del Che e il suo passaggio da medico a Comandante e artefice della fondamentale vittoria nella battaglia di Santa Clara.
Le immagini a colori sono spesso accompagnate dal commento della sua voce che rendono le scene una sorta di trattato sulla guerriglia.
La vicenda è intervallata da bellissime sequenze in bianco e nero che raccontano invece della sua figura di uomo politico dopo il successo della rivoluzione e della sua visita a New York per il congresso dell’ONU.

Il secondo film è la ricostruzione del tentativo di esportare la rivoluzione in Bolivia. È un film per alcuni aspetti diversissimo dal primo. Un film cupo e la scelta della fotografia permette di intuire il freddo delle montagne boliviane e la solitudine dei combattenti. La variazione di tono e colore lascia presagire il fallimento della spedizione e il sacrificio finale di un grande leader.

STEVEN SODERBERGH: "Ognuno di noi deve compiere la scelta se impegnarsi e partecipare o rimanere osservatori. Mi sono reso conto che il Che è stato uno di quelli che ha deciso di impegnarsi e di farlo in modo totale e non si è tirato indietro mai. Questo è molto raro."

Mesi di riprese nelle reali location dei fatti hanno generato e un materiale talmente ampio da giustificare la divisione in due capitoli.

STEVEN SODERBERGH: "C’era una sola sceneggiatura. Prima era solo Bolivia, poi anche Cuba, poi New York e poi anche un po’ di Città del Messico. Doveva essere divisa per poter sopravvivere."

BENICIO DEL TORO: "Ho pensato: accidenti, abbiamo finito! Non pensavo ce l’avremmo fatta, pensavo non sarebbe mai finito."

La visione distaccata della materia ha permesso al regista di trovare i fondi per la sua impresa, per la quale sono stati necessari numerose comparse e abiti d’epoca.

SABINE DAIGELER: "Stiamo cercando di capire quale comparsa vada vestita con quale uniforme. A volte è un po’… complicato. Abbiamo così tante esplosioni e scene di guerra che ci vogliono cinquanta stuntmen al giorno da vestire in abiti civili o con le divise giuste."

Mentre per rendere le azioni di guerra non sono stati lesinati effetti speciali meccanici.

KEVIN HANNIGAN: "Abbiamo anche costruito un treno in cinque settimane. È tutto basato sull’improvvisazione. Non avevamo tempo per disegni o progetti ingegneristici. Siamo partiti e l’abbiamo costruito ad occhio. È un progetto da folli costruire un treno in cinque settimane!"

Che Guevara ha il volto somigliante di Benicio del Toro che aveva già lavorato con Soderbergh in Traffic grazie al quale si è aggiudicato un Oscar.
La sua grande interpretazione supera l’icona dell’eroe rivoluzionario per arrivare all’uomo. Una prova che gli è valsa il riconoscimento della giuria del Festival di Cannes.

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