Per molti, in parte anche per me, è difficile capire come Sacro GRA di Gianfranco Rosi sia stato capace di vincere un festival importante come quello di Venezia nel 2013. Questo spaccato sul piccolo mondo alla deriva, fuori del cerchio "maggico" di Roma, non ha una grande estetica. E forse è una scelta per racccordarsi (appunto) a ciò che succede all'esterno del Grande Raccordo Anulare che circonda la capitale - cantato in queste esatte parole dall'Antonello Venditti di Corrado Guzzanti.
Il trattamento sonoro, invece, è degno di considerazione. Un altro premio vinto dal film riguarda proprio il miglior sonoro in presa diretta ai Golden Ciak Awards del 2014.
La qualità principale del film mi sembra quella della rappresentazione del suono molesto: il film è una summa, un campionario eccezionale di suoni sgradevoli. A partire dagli insostenibili decibel della sirena dell'ambulanza, protagonista di una delle storie raccontate, all'assordante rombo degli aerei che volano bassi. E poi la musica: quella quasi inascoltabile dei locali, la brutta canzone del travestito e quella delle feste sudamericane, per le quali un dj si preparare nei locali di casa sua.
Le urla amplificate delle larve di una colonia di parassiti delle palme e i becchini che smantellano vecchie bare appena svuotate delle membra umano che contenevano, a feroci colpi di martello. Infine, da non sottovalutare per il loro danno a timpani sensibili, ci sono le sgrammaticature e la storpiatura dell'italiano ad opera di diversi protagonisti.
Per fortuna, non lontano dalle auto che sfrecciano a tutta velocità sul raccordo, ci sono anche campi dove la neve si può posare e riempire tutto di un silenzio ovattato.
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