E' luglio, epoca di cinema all'aperto ma il film migliore offerto dai cinema della zona è Argo e lo dà un piccolo multisala di qualità che non è ancora entrato in pausa estiva. Come faccio sempre non mi sono informato sul film prima di vederlo, ma so che Argo ha vinto Oscar importanti e ne ho sentito parlare bene e questo mi basta. In più, il film è in lingua originale con i sottotitoli e sebbene non sia un fanatico del sottotitolo in opposizione al doppiaggio, mi permette un ripasso di inglese. La sala non è vuota come me l'aspettavo vista la data.
Fa un po' senso, a chi lo conosce come attore non molto impegnato, andare a vedere un film diretto da Ben Affleck (che ne ha cofirmato con Matt Damon anche la sceneggiatura da Oscar) che è stato pure apprezzato dalla critica!
Il film si apre con un miniripasso della storia iraniana, la cosa mi sorprende piacevolmente, anche se mi chiedo dove il film voglia andare a parare. E invece, contrariamente alle mie aspettative, si tratta proprio di un film in costume ambientato per la maggior parte a Teheran.
Le prime immagini delle proteste di piazza contro l'ingerenza degli Stati Uniti nella politica iraniana montate a ritmo incalzante hanno il look del filmato di repertorio e subito catturano. Tutto il film mantiene una fortissima componente di intrattenimento e il fulcro della vicenda è costituito da una deadline incalzante. Affleck, oltre che regista, è protagonista del film, una sorta di Mr Wolfe, un agente CIA esperto di problemi internazionali, che ha il compito di riportare a casa sei diplomatici americani in pericolo di vita. La suspense è così ben costruita che la mia vicina di poltrona non può fare a meno di incitare ad alta voce i fuggitivi sullo schermo e a più riprese.
Ecco allora che la storia tradisce un po' il mio iniziale entusiasmo, l'Iran rimane un po' sullo sfondo di un film totalmente americano: una storia di successo, con celebrazione di eroi e addirittura trionfo dell'amore nell'ulima inquadratura con Ben Affleck che abbraccia la moglie che non si era mai vista per tutto il film e sullo sfondo una bandiera americana. Sfacciati!
Non sorprende che il film sia piaciuto a Hollywood soprattutto per il fatto che di cinema si parla: la copertura della missione di Affleck è infatti la ricerca di location adatte al film che starebbe producendo. Il subplot hollywoodiano dà la possibilità a John Goodman e Alan Arkin di sfogare una serie di gustose battute metacinematografiche che ritraggono il sobborgo di Los Angeles come fabbrica delle balle e vanno dal non originale confusione tra Karl e Groucho Marx a cose che suonano più o meno: "Sei venuto a Hollywood a fare con l'aria da pezzo grosso, ma in realtà non combinerai nulla? Sei nel posto giusto."
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